Mario Pomilio, nato in Abruzzo nel 1921 e scomparso a Napoli il 3 aprile 1990, è stato il narratore più intellettualmente problematico della generazione uscita dal neorealismo, con libri come L’uccello nella cupola del ’54, Il testimone del ’56, Il nuovo corso del ’59, nonché Il cimitero cinese uscito però in volume solo nel ’69, e di quella parte significativa della nostra cultura che s’è riconosciuta nella sinistra cattolica. Insieme a Michele Prisco, Domenico Rea, Luigi Compagnone e Luigi Incoronato fondò nel 1960 la rivista-laboratorio «Le ragioni narrative», entro la quale cominciò ad approfondire la vena saggistica in parte confluita nel 1967 in Contestazioni e, nel ’79, in Scritti cristiani. Sono di questi anni un romanzo “difficile” come La compromissione, del ’65 (premio Campiello), nonché i racconti de Il cane sull’Etna. Frammenti di un’enciclopedia del dissesto (che verranno raccolti in volume nel 1978). Ma il capolavoro in cui confluiscono e si annodano le molte sue inquietudini è Il quinto evangelio, pubblicato all’inizio del 1975 (premio Napoli, Prix Raymond Queneau per il miglior libro straniero). Segue Il Natale del 1833 (1983, premio Strega) e, appena postumo, Una lapide in via del Babuino (1991). Il figlio Tommaso ha curato nel 2000, per Cronopio, le poesie di Emblemi.