Paolo Vita-Finzi (1899-1986) inizia la sua attività di pubblicista durante gli anni dell’università a Torino collaborando inizialmente con il «Corriere Mercantile», per poi vincere nel 1924 il concorso diplomatico ed entrare nei ruoli del ministero degli Esteri. Comincia così la sua carriera tra consolati e ambasciate, interrotta nel 1938 a causa delle leggi razziali, che lo costringono a riparare in Argentina, dove fonda e dirige la rivista «Domani». Reintegrato sul finire della Seconda guerra mondiale, nel 1955 diventa ambasciatore in Norvegia e nel 1961 in Ungheria. Parallelamente alla professione di diplomatico, svolge una raffinata attività di letterato, iniziata nel 1927 con la pubblicazione dell’Antologia apocrifa. Negli anni Sessanta e Settanta collabora con «il Resto del Carlino», il «Corriere della Sera» e «Nuova Antologia»; scrive inoltre diversi saggi, tra cui "Terra e libertà in Russia ieri e oggi" (1972) e "Perón, mito e realtà" (1973). La sua autobiografia, "Giorni lontani. Appunti e ricordi", viene pubblicata postuma nel 1989.
Gabriele D’Annunzio, Filippo Tommaso Marinetti e Giuseppe Prezzolini, poi Benedetto Croce, Gaetano Mosca e Vilfredo Pareto: che cosa accomuna questi intellettuali vissuti tra Otto e Novecento? Per Paolo Vita-Finzi furono tutti, ciascuno a proprio modo, dei precursori inconsapevoli...
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