Classe 1980, dice di aver scritto le prime righe in quinta elementare con una poesia che s’intitolava “Ricordo d’estate”. Da lì a quanto pare si è fermato poco, sperimentando forme e interessi narrativi diversi, dalla carta al web. Dice anche di aver ereditato dal padre quella passione per la ricerca storiografica da cui sono nate quattro pubblicazioni: “Pietro Marso Cesensis”, monografia sull’umanista Pietro Marso (2012), “Trentanove figli”, ricerca dedicata ai caduti e alle vittime di guerra di Cese dei Marsi (2014) e due libri scritti a quattro mani proprio col padre Osvaldo, uno nel centenario del terremoto della Marsica, “13 Gennaio 1915. Una cicatrice lunga un secolo” (2015) e l’altro sul periodo di occupazione tedesca nello stesso territorio, “Padroni di niente” (2019). Dice infine che questa raccolta di racconti riprende il discorso della prima, “Ritorni”, autoprodotta nel 2010, aggiungendo tempo e tre puntini di sospensione.
Undici storie che parlano di paesi e lontananze, di città e ritorni, di cure e passioni. Undici sguardi su mondi reali e immaginari e sull'umanità varia che è in grado di popolarli.
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