“… era arrivato l’altro figlio. Alto, magro, stempiato pure lui, fortemente miope e con un paio di occhiali fuori moda con la montatura nera e squadrata, e le lenti spesse (quasi “a fondo di bottiglia”) e fotosensibili, che gli davano un’aria da pedofilo belga degli anni ’50.
Era sudato, sudatissimo, paonazzo a chiazze, e gli occhiali erano completamente appannati e storti sul naso … stravolto insomma, non riusciva neppure a parlare […] Si salutò imbarazzato con il fratello maggiore … poi ci ripensò e cercò goffamente di abbracciarlo, ma quello in qualche modo si sottrasse. Allora abbracciò Vincenzina, e si fusero insieme in un tremolante covone di lacrime e sudore.”
Qualcuno ha assassinato con tre coltellate una vecchina leggera come un uccellino, un po’ svampita ma amata da tutti. Dalla grande e ricca casa di Torino non è stato rubato nulla, quindi i sospetti si concentrano sui due figli – il maggiore, il torvo ingegnere, e il goffo insegnante di scuola media – e sulla fedele Vincenzina, una combattiva siciliana, “altissima e lagrimevolissima”, al servizio della famiglia da più di quarant’anni.
Ma dov’è finita l’arma del delitto? E poi, chi aveva interesse ad assassinare una vecchina così tenera?
Il Commissario Biason indaga, come sempre molestato dalla sorniona ironia del Maresciallo Traìna.
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